Esplosione di un ambiente, di una città voltato l'angolo: una Mosca quasi futuribile, quella di BLADE RUNNER nella sua volontà d'aprirsi il ventre. Una Mosca, finalmente (o purtroppo, ma è un altro discorso) come tutte le altre: Parigi, New York, Calcutta. Esplosione di uno dei due (straordinari) protagonisti: Schlikov, il duro, il lupo, il Russo. Tassista solitario: che per sfogarsi, oltre alla vodka naturalmente, ha l'amichetta ed il culturismo. E Liocha. Liocha che rappresenta l'implosione: il suo contrario. Sassofonista di genio e individuo in manco di tutto, intellettuale e, come non bastasse, ebreo. Che non gli paga la corsa, diventandone lo schiavo.

Ma Lunguin non è Losey, Mosca non è Londra, la vodka non è whisky: l'interdipendenza da amore-odio non è quella de IL SERVO. Sono le due anime russe, dice l'autore, e convivere nei due: quella radicata, e quella sradicata. Quella che lavora, e quella che soffre; quella che uccide, e quella che tradisce.

Riflessione su quel fascismo che da sempre convive nell'anima Russa? TAXI BLUES va per la sua strada: Liocha si riprende, suona finalmente nel suo sax (splendidamente, uno dei meriti del film è quello di aver inserito con istintiva facilità il jazz di uno dei suoi protagonisti) che Schlikov gli aveva confiscato. E il rapporto, com'è chiaro, finisce per rovesciarsi.

Ancora il tempo per un finale inutile - TAXI BLUES è soltanto un'opera prima con le sue tentazioni - e la libertà di questo film insolito ed imperfetto fa già parte di noi.